Quando sono felice
Date 29-12-2024
Mi pare ci sia nell’aria una certa distrazione generale che porta a non soffermarci più su nulla. Scorriamo la vita come si fa con il cellulare su certi social alla ricerca di un contenuto più interessante. Rimaniamo sospesi in balia di un algoritmo che decide per noi cosa è importante e cosa non lo è affatto. A causa di un’idea di mondo che mi sono fatto, credo sia necessario un certo impegno anche per riconoscere la felicità quando casualmente ci sfiora. Non so a voi, ma a me capita di essere felice e non accorgermene o – peggio – di scoprirlo molto tempo dopo, quando ormai quella sensazione è evaporata e svanita nel nulla. Ho un mio metodo per cercare di arginare il fenomeno di cui sopra. Abbastanza semplice: Provo ad archiviare. Metto da parte qualsiasi cosa attiri la mia attenzione. Lo faccio dalle scuole elementari, complice la mia maestra, la signora Ada Garetto, classe 1919. Se n’è andata qualche anno fa. Era un condensato di severità e dolcezza che non ho più ritrovato negli anni a venire, almeno non in quel dosaggio perfetto. Certe persone sono un’alchimia, bussole per orientarsi quando si è persi nei deserti della vita. Sono una certezza, sia le bussole che i deserti. Da allora sono passati cinquant’anni e ho archiviato di tutto. È abbastanza semplice quando si tratta di parole trovate su un libro o lette su un muro o sentite in una canzone, trascrivo su un quaderno. Lo è meno quando nel mio archivio finiscono odori o colori a cui devo associare un nome.
Ho scoperto che ci sono una quantità considerevole di sfumature per ogni colore che varrebbe la pena di ricordare. Yves Klein, per esempio, ne scoprì una per il blu e la brevettò con il suo nome IKB (International Klein Blu). Ci fece dei quadri utilizzando solo quel blu. Possedeva una certa capacità di sintesi che a volte sarebbe stato utile avere a portata di mano. Nel mio archivio ci sono poi ampie porzioni di paesaggio. Mi sono accorto che ho una certa preferenza per quelli urbani. Avete presente in città quando vi affacciate e guardate il palazzo di fronte? Ogni finestra contiene una storia, una vita. Una sensazione da capogiro. Le luci meritano un capitolo a parte nel mio personale archivio ed è forse per la curiosità verso la luce che poi sono diventato un fotografo. Una città la puoi riconoscere anche dalla luce che rimanda attraverso le sue strade, che rimbalza sui muri dei suoi palazzi. Torino, Napoli, Siviglia, Buenos Aires, ognuna con la sua luce, ognuna con la sua ora migliore per essere visitata, vissuta e fotografata. Ci sono poi i gesti delle persone che ho incontrato nella mia vita, anche quelli degli sconosciuti, soprattutto quelli, oserei dire. Una ragazza che si passa una mano tra i capelli, una persona che sorride, uno sguardo perso riflesso nel finestrino di un treno. Ho archiviato anche la prima volta che ho visto la Cappella Sistina. L’elenco dei libri che vorrei leggere. quando ho ricevuto in regalo la macchina da scrivere o fatto volare un aquilone in riva al mare. Ricordo il suono del campanile del paese dove sono nato e quella volta che ho vinto a nascondino. L’ultimo giorno di vacanza con i miei genitori. Provo a pensarci, arrivano da luoghi che avevo dimenticato. Nessun algoritmo saprebbe restituirli con tanta precisione. Archivio, sono attimi di felicità, mi torneranno utili per attraversare i deserti.
Roberto Cristaudo
NP ottobre 2024