Un pezzo di cielo in terra
Date 01-05-2025
La sfida più difficile non solo per chi vuole vivere il Sermig, ma anche per chi vuole vivere semplicemente da cristiano, è fare comunità. Se vogliamo essere segno di speranza per la gente, rendere riconoscibile il Vangelo ai giovani, essere segno di accoglienza per i poveri, possiamo farlo solo insieme, riunendoci con uno spirito comune, mettendo insieme le diversità, le energie, le risorse. Da soli uno vale uno, unendo le forze si vale molto di più, più della somma degli aderenti: la comunione attorno al Signore Gesù moltiplica le forze, crea un impasto nuovo che emana più vigore di quanto le singole persone possano pensare di avere. È veramente il miracolo della comunione, è il mistero dell’Eucarestia che si prolunga nel quotidiano: nell’Eucarestia l’unico Pane sfama tutti. Nella fraternità quel Pane rigenera il vigore di giovani e anziani e tramite loro raggiunge tanti altri, quanti non era immaginabile pensare di raggiungere e qualcosa resta ancora d’avanzo. È l’equazione della comunione con Dio: dividendo si moltiplica.
La comunione è la vita stessa della fraternità. Ed è la linfa dello Spirito che a poco a poco modifica la nostra umanità di sempre e ci rende persone capaci di superare noi stessi, di avere relazioni amichevoli, di restare uniti anche se diversi tra noi e a volte con idee diverse. Come una sorgente che zampilla e non si secca mai. Con il Vangelo e l’Eucarestia, la comunione è la perla preziosa da custodire. In questi tempi, la Chiesa e il mondo ne hanno bisogno per riportare il Vangelo vicino alle persone, perché la trasmissione della fede avviene sempre in una comunità.
Oggi c’è poca comunità, poca fraternità tra noi e nella Chiesa perché abbiamo perso la preziosità della comunione. Quando negli Atti degli Apostoli leggiamo che i credenti si volevano bene tra loro, sappiamo che non si tratta di un sentimento puramente umano, si tratta di una comunione che pervade chi sceglie Gesù e il Vangelo. Lo hanno appreso dalla testimonianza diretta dei discepoli di Gesù: era il cuore della Sua vita con i suoi pochi amici. Da loro anche noi impariamo che non c’è fraternità senza la consapevolezza di essere abitati dallo Spirito Santo, senza la disponibilità interiore a lasciarsi plasmare da Lui, senza quel piegarsi alle esigenze del Regno. Bisogna crederci, bisogna sceglierla, bisogna contemplare la comunione là dove c’è: contemplarla nell’unità senza condizioni tra Gesù e il Padre, tra Maria e lo Spirito. E contemplarla anche nella fatica dei discepoli attorno a Gesù. In quella situazione rivediamo anche molte delle nostre fatiche, ma – proprio nelle fatiche – impariamo ad arrivare a consegnare la nostra persona a Dio che opera, ad accettare di mutare qualche nostra convinzione per restare uniti, con grande umiltà: «Le mie convinzioni, le mie idee, Tu Signore, setacciale bene e usale solo se servono a far crescere la comunione tra noi, non farmi insuperbire».
Bisogna far prevalere sempre il senso di responsabilità perché tutto quello che ci è stato dato e che viviamo è nostra cura mantenerlo e farlo crescere. In tutto questo non c’è costrizione, non c’è imposizione, non ci sono giochi di potere, voglia di prevalere (se mai ci fossero andrebbero affrontate nello spirito di una correzione fraterna), non c’è perdita di identità o di libertà personale perché nulla ci è chiesto che non sia nella libertà di ognuno di scegliere e di offrire. Nulla di tutto questo vale se a spingerci non c’è amore. Comunione è amore e non può essere altrimenti. E a volte solo un amore più grande di quello di cui pensavamo di essere capaci può aiutarci a non spegnere la fiamma della comunione tra noi, perché siamo custodi del bene più grande che è un pezzetto di Cielo sulla terra.
Rosanna Tabasso
NP gennaio 2025