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Una questione di cuore

Date 02-03-2025

por Matteo Spicuglia

La sfida non è difendere o promuovere la democrazia. Piuttosto amarla. E l’amore – si sa – richiede impegno, cura, disponibilità. Michele Nicoletti non usa mezzi termini. Filosofo dell’Università di Trento, ex parlamentare, è stato tra i protagonisti della Settimana sociale dei cattolici italiani.

Professore, cosa significa in concreto amare la democrazia?
Significa capire che la democrazia non è una semplice forma di governo, ma una forma di vita. Noi tendiamo a pensare che la specie umana sia molto individualista, ma ognuno di noi ha bisogno di cure e attenzioni sin dalla propria nascita. La democrazia è la stessa cosa: non si autogenera, ma è il frutto di decisione e impegno, deve essere scelta, voluta e desiderata. Guardate ai Paesi democratici: i popoli che la vivono l’hanno prima voluta, a volte hanno combattuto per realizzarla come nel caso dell’Italia dopo il fascismo. Per questo motivo dobbiamo avere un rapporto affettivo con lei che rimane, nonostante tutto, la forma politica in cui le persone possono realizzarsi al meglio delle loro possibilità.

Al cuore della democrazia c’è la libertà…
Sì, da intendere non come assenza di impedimenti, ma come possibilità di governarsi da sé. C’è un valore negativo (libertà da) e un valore positivo, creativo (libertà di). Nell’antichità i liberi si distinguevano perché potevano scegliere della propria vita, l’esatto opposto degli schiavi. Se il senso profondo è proprio l’autogoverno, altrettanto importante è la fiducia negli altri: anche loro possono prendere delle decisioni valide per realizzare pienamente se stessi. Questo discorso vale per gli individui e per i popoli.

Esiste un modo per rispettare pienamente la libertà dell’altro?
Partiamo dal presupposto che l’uguaglianza tra diversi non è naturale. La nostra condizione originaria è asimmetrica, la democrazia invece ci spinge a creare comunità fondate sull’uguaglianza tra pari. Le relazioni in una democrazia non sono quindi fondate sulla forza o sull’imposizione, ma sulla discussione, il confronto. Nella democrazia non si può fare a meno dell’altro e della sua libertà. Vale anche nell’amore dove non può esserci coercizione e obbligo. L’amore vero si fonda sullo stare insieme liberamente. Quando non c’è libertà, non c’è rapporto tra pari ma dominio e sottomissione. Nella democrazia ho un bisogno essenziale della libertà altrui.

Come mai nella nostra epoca dopo le tragedie del passato sta tornando la logica dell’uomo forte?
La democrazia deve far funzionare i servizi, altrimenti le persone non la ameranno, però non può avere solo il compito di essere efficiente. La democrazia è lenta e complessa a causa delle discussioni tipiche di un processo decisionale articolato. Certamente le decisioni vanno prese ma il problema sta nel come vengono prese. La questione è: vogliamo essere coinvolti o no nei processi decisionali? Vogliamo essere protagonisti o subire le decisioni di altri? Il rischio è di interpretare in senso errato la libertà, come nel caso dei regimi totalitari in cui veniva intesa come il disimpegno dei cittadini dalle discussioni e dalle decisioni.

Lo si è visto con il segnale preoccupante dell’astensione. Da cosa dipende questa crisi di partecipazione?
La democrazia è la possibilità di prendere decisioni in merito alla distribuzione delle risorse tra i suoi membri. Per questo motivo deve essere una forma di potere reale e non simbolica. La partecipazione reale impone diritti e doveri che ci obbligano reciprocamente. Pensiamo al ruolo dei parlamenti, essi hanno un compito fondamentale: decidere con leggi finanziarie le risorse e la loro distribuzione. Ma se le persone non si sentono effettivamente ascoltate e coinvolte, o le risorse vengono spese in modo inadeguato, il rischio è la disaffezione che si accresca per l’incapacità effettiva di fare sentire le proprie ragioni.

La risposta è ripartire da grandi ideali o da pratiche concrete e quotidiane?
Da entrambi. Nella mia esperienza di professore universitario percepisco che molti ragazzi vogliono realizzarsi senza trascurare la vita comunitaria. Sicuramente c’è una narrazione iper-individualistica molto diffusa, ma che non ha fondamento perché nessuno può sopravvivere da solo. Siamo circondati da un senso di forte competizione che ci spinge a credere che ci salveremo da soli. Ma la realtà è diversa. Pensate solo alla raccolta differenziata: senza il concorso di tanti piccoli gesti quotidiani diffusi non si potrebbe realizzare. In realtà anche le imprese personali hanno alle spalle delle squadre, delle comunità. Dobbiamo dirci l’importanza della comunità. Il sogno e gli ideali hanno un ruolo fondamentale: per chi vive la schiavitù la libertà è un sogno da perseguire. Oggi la politica non aiuta a immaginare il futuro che ancora non c’è, ma nel passato è successo. I nostri padri sognavano un mondo migliore per i loro figli, ora sembra che il futuro sarà per tanti motivi peggiore. La difficoltà a pensare il futuro coinvolge anche la politica. Ma senza pensiero del futuro non c’è democrazia. Durante il nazismo bastava solo il desiderio di immaginare un futuro diverso per essere rinchiusi in cella.

Viviamo in un’epoca difficile. Quali sono i segnali che la preoccupano e quali le danno speranza?
Le preoccupazioni sono tante a causa dei segnali sempre più diffusi di autoritarismo. Ma il segnale peggiore è la disaffezione per la democrazia: pensare che non sia più la forma di vita migliore. Nelle nuove generazioni vedo però un rinnovato interesse per le relazioni amicali tra pari, una sorta di riscoperta sincera della comunità. Trovo poi una consapevolezza fortissima per l’ambiente, maggiore al rispetto al passato. Infine, una nuova mentalità basata sul rispetto tra uomo e donna e l’accoglienza delle diversità. Abbiamo da sperare!


Matteo Spicuglia
NP Focus
NP dicembre 2024

Per rivedere l'incontro con Michele Nicoletti registrato all'Arsenale della Pace di Torino martedì 3 dicembre 2024: https://www.youtube.com/live/ZaDwnH9R690?si=kboi9HEmK8x0rOQX

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