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Vittime dimenticate

Date 20-06-2024

por Paolo Lambruschi

La guerra dimenticata in Tigrai racchiude una tragedia nella tragedia, quella degli Irob. Si tratta di una minoranza di 50mila persone, di fede in prevalenza cattolica che vive sul confine desertico conteso tra Eritrea e Tigrai, in territorio etiope, e che è stremata da tre anni e mezzo di occupazione brutale e violenta delle truppe di Asmara e rischia l’estinzione. Nella regione autonoma dell’Etiopia settentrionale, due anni di guerra civile hanno causato almeno 600mila morti, milioni di sfollati e una carestia provocata dal doppio killer, guerra e mutamenti del clima. Gli Irob, ultimi tra gli ultimi e senza voce, vivono da secoli in un territorio montuoso al confine tra Etiopia ed Eritrea che le truppe di Asmara hanno occupato nel novembre 2020. Da allora questo popolo di agricoltori che non è stato piegato nemmeno dalle truppe coloniali italiane nel secolo scorso, ridotto alla fame, ha visto la propria terra trasformarsi in una prigione a cielo aperto. La tragedia è iniziata quando il premier etiope Abiy Ahmed ha consentito agli eritrei di oltrepassare il confine. Durante gli anni del conflitto in Tigrai, gli eritrei, alleati dell’esercito federale etiope contro i comuni nemici del partito tigrino del tplf, hanno invaso la provincia, chiuso i confini, diviso le famiglie, impedito l’accesso agli aiuti e iniziato un processo di assimilazione forzata, imponendo lingua e documenti e procedendo all’arruolamento forzato che nell’esercito eritreo dura fino a 50 anni. Nessuna mediazione. Un video dei primi di aprile postato sui social mostra un villaggio dove i militari di Asmara hanno riunito la popolazione nella piazza, invitando a prendere i nuovi documenti eritrei. I nuovi padroni hanno invitato chi non vuole ad andarsene da quella che è sempre stata casa sua.

Chi si ribella sparisce senza processo, come accade da un quarto di secolo nell’Eritrea retta col pugno di ferro dal regime militare di Isaias Afewerki, e – proprio come nello Stato caserma confinante – ci sono spie pronte a denunciare gli oppositori. Una pulizia etnica è in atto – come denuncia l’associazione Irob Anina che difende i diritti della comunità – attraverso l’assimilazione, le coscrizioni forzate e il divieto di accesso alle organizzazioni che distribuiscono aiuti umanitari fermati sul confine con la provincia Irob. Le uniche vie di accesso sono i sentieri montuosi, molto pericolosi. Così nei villaggi e ad Alitena, la città più importante, non ci sono più medicinali e scarseggia il cibo, mentre case e ospedali sono stati saccheggiati dalla soldataglia asmarina e le donne violentate. Perché l’Eritrea rivendica e occupa questi territori? Effettivamente sono stati assegnati ad Asmara dagli accordi di Algeri che portarono all’armistizio tra Etiopia ed Eritrea dopo la guerra del 1998- 2000. Ma nessuno ha trattato con gli Irob, li hanno semplicemente ignorati, imponendo un accordo che viola la convenzione onu sui diritti dei popoli indigeni. Venerdì 12 aprile il ministro dell’Informazione eritreo ha dichiarato che le terre lungo il confine con l’Etiopia appartengono all’Eritrea, che nulla toglie ad altri e nulla cede di quello che è proprio.

Alcuni giorni prima, significativamente, le truppe dell’esercito federale etiope si sono allontanate dalla provincia. L’unico a rompere il silenzio è il vescovo cattolico di Adigrat Tesfaselassie Medhin. In una lettera scritta per la Pasqua (che i cristiani etiopi come gli ortodossi festeggiano il 5 maggio), racconta della «indicibile sofferenza della popolazione», dei disagi e della morte dovuta a due anni di conflitto e siccità, in particolare della minoranza Irob, «marginalizzata» e della quale vengono ignorati i bisogni essenziali. Gli Irob che si sentono etiopi e non eritrei vogliono resistere. Ma i giovani fuggono perché non credono più nel futuro e restano solo i vecchi a morire schiavi nella loro terra.


NP maggio 2024
Paolo Lambruschi

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