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Il tempo di Dio (1/2)

Il tempo di Dio (1/2) - di Giuseppe Pollano - Affrontare il tema del tempo è una grande sfida perché significa andare molto dentro la nostra personalità, riflettere su come siamo e viviamo. In questa prima tappa il significato del termine "tempo".

 

Clessidra "Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia" raccomanda San Paolo; così anche noi siamo entrati lentamente, gioiosamente, rispettando le nostre possibilità umane, nel tempo di Dio. Un tempo senza orologio, un tempo in cui l'altro che ci avvicina non è mai un caso o un problema, ma una persona che deve poter esprimere il grido della sua disperazione, il dramma del suo cuore, l'intensità della sua ricerca.
I nostri Arsenali saranno aperti ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni dell'anno, perché l'amore di Dio, che non ha né orari né giorni stabiliti, possa esprimersi attraverso di noi.
Turni sapienti, con tanti amici buoni e saggi, faranno sempre più del nostro tempo il tempo di Dio.


1)   premessa: il significato del termine "tempo"

Ci sono almeno quattro modi di pensare al nostro tempo, che ritroviamo nel parlare e nel vivere, che ci condizionano.

1.1)    il tempo come misura

Il primo modo è il misurarne la dimensione fisica, cioè la risposta a domande del tipo: "quanto tempo perdi?","quanto tempo ci vuole per ...?". La nostra vita, soprattutto quella di noi occidentali, è misurata in maniera estremamente precisa, perché si intende il tempo in modo materialistico.
Se è indispensabile calcolare il tempo ed essere precisi, parimenti occorre essere molto attenti a non farlo diventare una tirannia, un'ossessione e una pretesa, convincendoci, come dice la Bibbia, che c'è tempo per tutto.
Un esempio di questo pericolo nella vita cristiana è stabilire il tempo da dedicare alla preghiera. ritenendo che, una volta adempiuto, tutto è ormai fatto. Naturalmente non è vero, perché il rapporto con Dio non si regola a minuti - anche se è necessario definire un certo ordine - e non si esaurisce nella preghiera "a tempo".


1.2)    il tempo come esperienza del mutamento

Un altro modo, molto comune, di intendere il tempo, lo troviamo dentro di noi. È quello che ci fa dire, della stessa ora di sessanta minuti: questora non passa mai, oppure quest'ora è passata in un attimo. Salvador Dalì, La persistenza della memoriaÈ sempre un'ora, però la nostra psiche, la nostra sensibilità la registra in maniera diversissima. Questa esperienza del mutamento dello stesso tempo è caratteristica dell'uomo: non siamo macchine o strumenti di misura perché abbiamo dentro un'altra valutazione e consapevolezza che ci spinge a dare, a seconda di come viviamo il tempo, un valore positivo o negativo. Dentro di me ho valutato, ho fatto una scelta, sono consapevole di voler vivere sempre in un modo piuttosto che in un altro. Questo è positivo perché aiuta a vivere, ma è anche molto condizionante perché, se non guardo a valori grandi per cui vale la pena vivere anche un'ora faticosa, finirò di regolarmi secondo un certo principio del piacere, vivrò le ore che mi gratificano e cercherò di accorciare o addirittura eliminare le altre. Ciò è pericoloso nel campo delle scelte etiche, perché normalmente sono i piccoli valori quelli che ci gratificano. Si è allora in presenza di un livello di morale un po' elementare e da qui nascono, per esempio, le nostre impuntualità, inadempienze, il dare troppo tempo ad una cosa ed arrivare col fiato corto ad un'altra perché mi piaceva di meno.
Ci vuole autodisciplina, allenamento a dominare le proprie scelte, perché questo aspetto del tempo interessa anche il vivere cristiano.
Le ore di dolore sono lunghe, così le ore di disagio. Ma se si ama la croce, la si vive e si mette dentro a quelle ore un'anima diversa, non la disperazione, la noia, l'attesa che finisca presto.

1.3)    il tempo come organizzazione delle risorse

Un altro modo ancora è il tempo inteso come organizzazione delle nostre possibilità. Il tempo è una risorsa preziosa, che però può divenire fannullaggine o iperattivismo.
È chiaro che più siamo attivi ed impegnati in una società che ci mette in continuo movimento, più abbiamo bisogno di questo tempo e di collocarlo in maniera precisa. Cosa tutt'altro che facile perché in realtà uno degli equilibri più difficili è tra tutto ciò che c'è da fare ("agenda" in latino) e il tempo a disposizione.
La nostra epoca è estremamente precisa nel programmare le cose attinenti alla tecnica, avendo la tecnica i suoi tempi inesorabili, ma è estremamente disordinata nel programmare la persona, ad esempio a livello di tempo libero: possiamo starcene fuori di notte, però al mattino dobbiamo riprendere il lavoro. Tutto questo rischia di diventare un disordine vissuto. Invece noi dobbiamo incominciare dal programmare la persona, perché nella realtà di oggi siamo estremamente lasciati liberi di fare ciò che si vuole.
Se uno non programma o rimanda sempre, rischia di cadere nella fannullaggine e nell'inconcludenza. Vivere la giornata così come viene, alla buona, non rende mai la persona affidabile: chiedi una cosa, la prometti, ma poi non la mantieni. L'opposto è quell'iperattivismo che segna facilmente i nostri ritmi.
E questo anche nel campo cristiano. Normalmente il cristiano impegnato è sempre un po' eccessivo da questo punto di vista: dice molti sì perché gli sembra ingiusto dire no, e poi non riesce a fare bene le cose, essendo troppo compresse. Ciò tormenta laici e religiosi, con lo svantaggio di privarci del rapporto con Dio che esige raccoglimento, profondità e non sopporta questa continua tensione superficiale. Non si può mettere insieme più di tanto l'eterno e il tempo: quando tocchiamo l'eterno dobbiamo starcene un po tranquilli e rispettare il modo di essere di Dio, che non è il nostro. Uomo che pregaNon per nulla quando si prega si cerca un luogo, un tempo, un po' di silenzio per tirarsi via da tutto il resto. Ed è uno sforzo notevole.

1.4)    il tempo come condizione interpretativa della successione di fatti provocati da noi, oppure subiti (meglio, peggio, uguale,...)

Infine possiamo trarre un altro modo per capire il tempo da alcune espressioni usuali, per esempio: "sono tempi difficili". Qui non si indica più soltanto un atteggiamento soggettivo, ma proprio landamento del tempo, la storia che stiamo vivendo, dove molte cose non dipendono da noi. La valentia del soggetto, della persona, è non lasciarsi trascinare da ciò che accade o da ciò che decidono gli altri: sei tu che devi fare da te le tue scelte forti, anche nelle piccolissime cose.

1.4.1) visioni storiche del tempo
Noi cristiani dobbiamo imparare a misurarci con l'interpretazione della storia. Prendiamo in esame tre valutazioni:
a)    visione ottimistica
L'ottimista afferma che la storia va verso un meglio, progredisce di generazione in generazione grazie alle risorse umane, soprattutto all'intelligenza applicata alla scienza e alla tecnica: si è su un piano innegabile di progresso, è sufficiente che il tempo vada avanti. Questo è vero per il settore scientifico e tecnico, ma bisogna stare attenti a non prendere la parte per il tutto.
È stato soprattutto nel XVIII e XIX secolo che si è esaltata in maniera elefantiaca la visione ottimistica della storia: fai progredire la scienza e poi progredirà l'uomo, apri una scuola e chiuderai una prigione, dicevano allora. Fosse vero! Da allora ad oggi di scuole ne abbiamo aperte molte, ma anche di prigioni. È stata una ingenua illusione dell'uomo.
Oggi abbiamo ormai disgiunto progresso tecnico-scientifico e umano, però molti continuano tenacemente a pensare che arriveremo a tutto: ad avere macchine con intelligenza artificiale che pensano solo il bene e ci faranno scuola; ad intervenire sul genoma umano al punto da produrre finalmente la razza umana buona. Sono cose che si studiano e si sperimentano nei laboratori. Eccessivo: non è così semplice intervenire sulla natura dell'uomo.
b)    visione pessimistica
C'è invece chi ha una visione opposta: dice che le cose vanno sempre peggio e guarda indietro, dimenticando che le cose andavano male anche una volta. Il concetto pessimistico della storia fa diventare tristi, nostalgici, sfiduciati sul domani e sui giovani.
c)    visione ciclica
C'è infine la concezione ciclica, dove tutto si ripete. Non è che tutto vada meglio o peggio, è tutto sempre uguale. Anche questa visione non è esaltante. Nella vita, sia personale che sociale, non si può pensare di tirare avanti alla meno peggio, perché intanto gira tutto allo stesso modo.
Che ci siano aspetti della vita ciclici non c'è dubbio, perché le settimane scorrono pressappoco allo stesso modo: abitudini, doveri, stesse facce. Ma da questo a dire che non c'è speranza, che si tratta di percorrere sempre la stessa circonferenza finché si muore, è un concetto triste della vita, è l'eterno ritorno, come diceva Nietzsche.

1.4.2)    visione cristiana
Il cristiano ha un'altra prospettiva. Corona di spineAbbiamo una speranza che sfonda il cielo, abbiamo un obiettivo grande che è Dio stesso. Per vivere la speranza cristiana devo prendere coscienza di come sono - ottimista, pessimista, rassegnato - e lavorarci sopra. Infatti se ho una visione ottimistica non ho neanche il bisogno di sperare e, poiché tutto va bene, mi faccio da me: ecco quello che si chiama il peccato di presunzione; se sono pessimista, ad ogni cosa che non va dirò che ho verificato una volta di più che tutto va male; se sono rassegnato non ho niente da sperare.
I cristiani non animati dalla speranza, di fronte al dolore si accasciano, di fronte alla morte si disperano, non sono capaci di dare agli altri la spinta della loro speranza perché per loro è debole, loro stessi sono tristi e melanconici, spaventati dalla vita.

In tutte queste forme che abbiamo esaminate il soggetto, l'attore, è sempre l'essere umano. Tutti quanti ritroviamo giorno per giorno questo modo complesso di vivere il tempo, quindi dobbiamo cercare di comprendere come siamo noi al riguardo, perché questo influenza notevolmente anche personalità e comportamento cristiani, che poi ci aiutano ad accogliere il tempo di Dio, a lasciare che Gesù Cristo entri nella nostra libertà ed esperienza (Gal 2,20; Eb 3,7.13).

Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all'Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore

 

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