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L'uomo e il suo robot (1/2)


Fondatore e dal 1978 al 2001 collaboratore del mensile del Sermig, Progetto, Giorgio Ceragioli non ebbe mai paura di affrontare i temi dell’oggi, aiutandoci a leggerli in chiave di speranza. Particolarmente significative le sue riflessioni sull’impiego delle tecnologie. Insegnò a molte generazioni di studenti e non solo come dar loro un’anima. Da qui il titolo del libro dedicatogli qualche anno fa, “Dare un’anima al futuro. Note per un umanesimo tecnologico” (Ed.MILLE Torino 2002), che raccoglie tutti i suoi articoli per il mensile Progetto. Ne pubblichiamo un breve estratto.

di Giorgio Ceragioli

 

Vivere nell’età dei microcomputer sarà certamente ben diverso dal vivere nell’età industriale o pre-industriale. Tutto ciò può voler dire profonde “rivoluzioni culturali”.
Vorrà dire, certamente, abitudini nuove anche nella vita quotidiana. Ricordiamo i nostri nonni e bisnonni e le difficoltà che hanno avuto in tanti cambiamenti. Altrettante ne avremo noi.
Ed è questa la prima considerazione che voglio fare.

 

Dobbiamo prepararci a cambiare, a scoprire una nuova condizione umana, un modo nuovo di vivere. Dobbiamo voler vivere in questo cambiamento o rischieremo di esserne sommersi, emarginati, incapaci di gestirlo, succubi della volontà di altri, dei consumi che altri ci imporranno rendendoci più schiavi di prima.
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Giorgio Ceragioli, a destra, con Norberto Bobbio
all'Arsenale della Pace.

Per non essere schiavi dei robot dobbiamo esserne i padroni – come umanità nel suo complesso – dobbiamo dare ad essi significato, utilità, fini e obiettivi da raggiungere. Perciò i robot ci saranno, i microcomputer ci saranno, l’informazione a distanza ci sarà. Anche se dovremo ragionare in termini di tecnologie appropriate.

La complessità del nostro mondo attuale è molto alta. Le realtà si compenetrano. Le prospettive si intersecano. Non si può pensare che esista una soluzione e una sola; una tecnologia e una sola.
Le tecnologie appropriate (anche intermedie, anche semplici, anche povere) sono il nostro futuro. Le tecnologie dei microcomputer (anche i robot, anche l’informazione a distanza) sono il nostro futuro.

È questa una delle ricchezze del mondo.
Ed è questo uno dei compiti più importanti per l’uomo.
Usare tutto quello che ha a disposizione per finalizzarlo al bene suo e degli altri uomini.
Scoprire e saper scegliere, di volta in volta, le cose che meglio servono in quel caso, le tecnologie che sono più appropriate.

Essere consapevoli che anche dalle nostre scelte, dal nostro coraggio nell’adattarci, nell’affrontare il futuro dipende la possibilità, per molti, di vivere una vita più umana.
Tutto ciò anche se la tecnologia non è tutto, anche se ne conosciamo i limiti; anche se sappiamo che è la volontà che muove gli uomini e non le macchine.

E questa è la seconda breve considerazione.
La “rivoluzione culturale” deve interessare innanzitutto le volontà: volontà di limitare i consumi perché senza questa volontà anche i microcomputer saranno incapaci di dar da mangiare a tutti; volontà di distribuire equamente i beni a disposizione perché altrimenti anche i robot servono per sfruttare la povera gente e non per aiutarla nello sviluppo; volontà di usare la tecnologia, capirla, piegarla al servizio delle reali esigenza dell’uomo, per espandere nel mondo – anche con il suo aiuto – la vita che è coscienza, ricerca della verità e amore.

da Progetto 1981

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