Il nuovo Eldorado
Date 21-02-2014
Oggi come ieri, il Brasile si conferma terra di migranti, San Paolo compresa.
Chi è già stato almeno una volta in Brasile si sarà reso conto di come i nomi, gli accenti, i costumi, i cibi, le razze sono le più diverse. I Brasili sono tanti, eredità degli indios, i più antichi abitanti di questa terra e poi della colonizzazione portoghese, della schiavitù e dell’enorme flusso migratorio europeo e asiatico che, tra i secoli XIX e XX, ha visto i rappresentanti di oltre 70 nazionalità ed etnie attraversare l’Atlantico inseguendo il sogno di fare l’America.
Oltre un secolo di convivenza ha fatto sì che questi milioni di migranti provenienti da tutto il mondo si amalgamassero nell’unico popolo brasiliano, una nazione multietnica che, paradossalmente, sembrava essersi distaccata da questa sua storia migratoria, considerandola conclusa. Ma la storia non si ferma e tante cose considerate del passato prima o poi si ripresentano, tornano di attualità: il fenomeno migratorio è una di queste.
Il Brasile attuale, molto concentrato nella preparazione dei grandi eventi internazionali, come la Coppa del Mondo, le Olimpiadi e la Giornata Mondiale della Gioventù è chiamato a misurarsi con un altro appuntamento, anch’esso internazionale, ma inaspettato, quello con migliaia di uomini, donne e bambini che nei modi più diversi stanno arrivando da ogni parte del mondo fuggendo da fame, guerre, persecuzioni, catastrofi naturali e, più in generale, alla ricerca di una vita migliore. Oggi non si tratta più di italiani, portoghesi, tedeschi, polacchi, giapponesi, ma prevalentemente di haitiani, guineani, ghanesi, burkinesi, ivoriani, togolesi, nigeriani... che dopo vari tentativi falliti di approdare sulle coste europee o di ottenere un visto per gli Stati Uniti, optano per la rotta brasiliana.
Mentre il discorso istituzionale prende tempo dichiarando che “ogni emigrante avrebbe bisogno di istituzioni che favoriscano il riconoscimento dei suoi diritti e che rendano possibile la sua istallazione con la prospettiva di un reinizio...”, la città di San Paolo, maggior metropoli dell’America Latina, offre appena 140 posti ai cosiddetti migrantes, 110 dei quali sono a carico dalla Casa del Migrante, creata nel 1940 dai missionari scalabriniani, il cui carisma consisteva nel dedicarsi all’assistenza degli emigranti italiani che non avevano un posto.
Nel frattempo, i posti che mancano sono di nuovo tanti e l’Arsenale della Speranza, porto sicuro degli ultimi arrivati in città, si riscopre Hospedaria dos Imigrantes, incarnando così non solo la disponibilità propria del Sermig ad accogliere chiunque, ma recuperando anche la vocazione originale di questi spazi, edificati nel 1887 dal Governo brasiliano proprio per accogliere gli emigranti. Fino a pochi mesi fa, gli ospiti stranieri all’Arsenale della Speranza erano rari e, forse per questo, bene accetti da tutti. Oggi, ne stiamo accogliendo 135 e iniziano a farsi sentire i primi problemi di convivenza... Dal nuovo mondo, niente di nuovo sotto il sole.
Simone Bernardi
Fraternità della Speranza
Arsenale della Speranza - S.Paolo - Brasile
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