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La Stampa - ERNESTO OLIVERO "È urgente la legge sulla cittadinanza da Draghi una carezza a Torino"

Date 08-04-2022

 

La Stampa - FILIPPO FEMIA - 08/04/2022 pg. 38 ed. Nazionale
ERNESTO OLIVERO "È urgente la legge sulla cittadinanza da Draghi una carezza a Torino"

ERNESTO OLIVERO "È urgente la legge sulla cittadinanza da Draghi una carezza a Torino"
L'INTERVISTA
Il fondatore del Sermig: la politica è vittima di schemi antichi scommettiamo sui giovani nati in Italia da genitori stranieri

Quando martedì scorso il presidente del Consiglio Mario Draghi ha fatto visita all'Arsenale della Pace, nel cortile decine di ragazzi stavano confezionando pacchi con cibo e medicine destinati all'Ucraina.

Molti di loro, nati e cresciuti a Torino, non hanno la cittadinanza italiana e non l'avranno fino al compimento dei 18 anni: così impone la legge della nostra repubblica.
«Ma è il momento che la politica intervenga - è l'arringa, pacata ma accorata, di Ernesto Olivero -. Serve immediatamente una norma che riconosca la cittadinanza a questi ragazzi, che sono cresciuti insieme a noi e sono italianissimi».

Parole potenti, pronunciate con un filo di voce e la semplicità disarmante di chi, negli anni, ha fatto apparire semplici quelle che altri dipingevano come battaglie contro i mulini a vento. «La politica deve essere più giusta e accettare la diversità in mezzo a noi.
Deve affrontare i problemi che finora non ha voluto risolvere», aggiunge l'81enne fondatore del Sermig.

Durante la sua visita a Torino, Draghi ha detto che la crescita economica deve andare di pari passo con la coesione sociale. Qual è la situazione a Torino?
«Viviamo in una città generosissima e la guerra contro l'Ucraina lo ha dimostrato. Oltre 300 mila persone sono venute all'Arsenale della pace per donare cibo e medicine, ne abbiamo raccolte 1.300 tonnellate. Non eravamo preparati a una valanga del genere, la risposta della cittadinanza mi ha choccato positivamente. Senza fare demagogia: vuol dire che Torino, quando è necessario, si alza e cammina».

Qualcuno dice che quando i profughi fuggivano dalle guerre in Africa la risposta delle persone non era così positiva. Cosa ne pensa?
«È vero, dobbiamo crescere ancora molto nell'apertura agli altri. Ma questa volta voglio credere che tante persone si sono messe nei panni di questi esseri umani, aggrediti da un giorno all'altro senza nemmeno sapere perché. La comunicazione ha fatto il resto: le terribili immagini viste in tv hanno mosso il cuore di moltissimi. Questo è un fatto, è da qui che dobbiamo partire».

Al Sermig, a preparare gli aiuti per le zone di guerra, c'erano moltissimi giovani. Un segnale di speranza?
«Grandissimo. E lavoravano tutti a testa bassa, con serietà, senza quasi fiatare: nessuno ha mai dovuto riprenderli. Vederli impegnarsi in quel modo, tra adulti e anziani, è stato di una bellezza unica».

Molti di quei ragazzi sono nati a Torino da genitori stranieri, si sentono italiani ma le leggi li inchiodano a una realtà differente. Cosa ne pensa?
«È assurdo che si debba riconoscere a questi giovani qualcosa che sono già: sono italianissimi, a prescindere dal colore della pelle o dal Dio che pregano. Sono cresciuti insieme a noi, che abbiamo accettato la diversità in mezzo a noi. Lo stesso dovrebbe fare la politica, per diventare un po' più giusta. E specifico che ogni battaglia va condotta senza usare la violenza, con rispetto e non con il ricatto».

Questa politica è più indietro rispetto alla società?
«Assolutamente sì, è vittima di schemi antichi. Finora non ha voluto affrontare temi come quello della cittadinanza, che sono fondamentali. Ai politici faccio un appello: venite a guardare questi ragazzi negli occhi. Sarà sufficiente per cambiare idea».

Se potesse indicare tre priorità, a livello sociale, su cui investire i fondi del Pnrr?
«Mi accontenterei di una: i giovani. Se si punta su di loro, mostrando le strade sbagliate da non seguire e preparandoli al futuro, il resto viene da sé».

Il Covid ha lasciato ferite molto pesanti nel tessuto sociale. Come possiamo fare in modo che il mondo post-pandemia sia meno ingiusto?
«Prima di tutto dobbiamo desiderarlo. Noi all'Arsenale della pace abbiamo sempre realizzato i nostri progetti perché li abbiamo fortemente voluti. Se la politica fa questo sforzo, riuscirà a cambiare le cose in meglio. Purtroppo, però, l'emergenza sanitaria non è ancora superata».

Ci può svelare il messaggio che il premier ha lasciato sul libro degli ospiti del Sermig?
«Si tratta di parole intime, private. Ma quando non ci sarò più, tra dieci anni o chissà quando, Torino scoprirà che l'allora presidente del Consiglio in carica ha dedicato una carezza molto affettuosa alla città».

Filippo Femia
Intervista a Ernesto Olivero

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