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L'anima della televisione

Date 25-04-2024

por Michelangelo Dotta

La televisione italiana ha appena compiuto 70 anni e, tutto sommato, sembra che li porti piuttosto bene. Inossidabile nel tempo, ha accompagnato la crescita e lo sviluppo di un Paese guadagnandosi un posto d’onore tra le istituzioni che hanno contribuito alla trasformazione della nostra società, dalla distruzione post-bellica alla vetrina globale del made in Italy passando per il boom economico di un Paese un po’ anomalo e bizzarro, ammantato di arte e bellezza come pochi altri al mondo e, al contempo, appesantito dall’inefficienza di una macchina politico-burocratica che ne inibisce le potenzialità. Ma proprio la televisione, a pensarci bene, nella sua anima non è cambiata molto; ha seguito l’evoluzione tecnologica, si è modificata nella forma e nelle dimensioni, nella qualità dell’immagine e del sonoro, ha ampliato a dismisura l’offerta di intrattenimento e programmi e ha imparato a seguirci in ogni dove attraverso i dispositivi di ultima generazione, ma la sua essenza è rimasta la medesima; a lei noi spettatori chiediamo pressoché le stesse cose e a lei rimaniamo in qualche modo fedeli perché la sappiamo incapace di tradimento. Il festival di Sanremo ne è sicuramente l’esempio più eclatante e riuscito e, più di ogni altro meccanismo televisivo, incarna e perpetua il verbo della televisione di Stato quella televisione generalista di antica memoria cui il pubblico affezionato e sempre più trasversale guarda con paciosa simpatia. Sono sera-te interminabili, una vera e propria maratona che mette alla prova anche i più appassionati, ma di anno in anno, in netta controtendenza con i meccanismi della comunicazione sintetica e ipercompressa del mondo globalizzato, l’audience è in crescita e l’oracolo del successo televisivo consacra l’evento sull’altare del successo.

In quest’ultima edizione firmata Amadeus/Fiorello gli ascolti sono stati da record; dagli iniziali 10,5 milioni della prima sera con il 65% di share sino ai più di 15 milioni della serata finale con il 74% di share; una vera e propria rivoluzione se si pensa a un format che si perpetua praticamente inalterato nel tempo. In una società che mai come adesso ama mettersi in vetrina e in un mondo in cui gli individui pensano di esistere solo in funzione di una personale esibizione mediatica via social, il festival di Sanremo, nato per promuovere attraverso una manifestazione canora la riviera ligure di ponente dimenticata dal turismo dopo la guerra, si conferma a pieni voti vetrina d’eccellenza che fotografa e diffonde nell’etere un’Italia sempre in bilico tra innovazione e tradizione, ipertecnologia e sentimento, Intelligenza Artificiale e bel canto che nasce dal cuore. In 70 anni all’apparenza nulla è veramente cambiato tranne il fatto che in realtà, senza evidenti sottolineature, i ruoli appaiono oggi invertiti; non più la televisione vetrina per il rilancio di Sanremo, ma Sanremo con il suo magico e nostalgico carrozzone come vetrina per il rilancio della televisione di Stato che, fuor di festival, bisogna ammettere essere piuttosto sterile come tutti gli ambiti in cui la politica, pesantemente ignorante in materia, entra e pretende di comandare.


Michelangelo Dotta
NP marzo 2024

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