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Non autosufficienti

Date 10-04-2024

por Stefano Caredda

Il quadro racconta qualcosa di incompiuto. Tante aspettative, tanti bisogni, ma alla prova dei fatti la realtà è quella di una sensazione di grandissima vulnerabilità che caratterizza le famiglie italiane quando si trovano a dover gestire la non autosufficienza di uno dei suoi componenti. Di fronte a un anziano che va incontro alla perdita di indipendenza, a un adulto la cui autonomia affievolisce a seguito di una particolare malattia, a un bambino o una ragazza che vivono una condizione di disabilità, la necessità di sostegno e aiuto sorge immediata e particolarmente acuta. Ma proprio in quel momento ci si ritrova soli, costretti a poter contare per lo più solamente sulle proprie forze, anche economiche. Questo fenomeno, a livello generale, racconta un evidente e progressivo mutamento dei bisogni sociali, acuito dall’evoluzione demografica del Paese che vede il crescere costante della componente più anziana della società e un sistema socioassistenziale e sociosanitario messo sempre più in affanno.

Una recente indagine del Censis – il Rapporto 2024 Family (Net)Work Dove sta andando il welfare? – commissionata dall’Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico su un campione di 2.400 famiglie che hanno avviato un rapporto di lavoro domestico (tipicamente con una badante), ha messo in evidenza la distanza che si sta creando tra la domanda di protezione sociale delle famiglie e il progressivo mutamento del welfare del nostro Paese, che sembra aver smarrito la propria missione, lasciando senza risposta una parte crescente della popolazione. La gestione del rapporto domestico si è ormai trasformata nel dispositivo di protezione sociale più diffuso, peraltro a totale carico delle famiglie. La fotografia è quella di servizi pubblici in difficoltà, proprio mentre prende il via – dopo lungo argomentare – un per il momento timidissimo tentativo di riforma strutturale della non autosufficienza che si spera possa dare nei prossimi anni risultati concreti ed effettivi. Le premesse positive, a livello teorico, ci sono tutte, ma per evitare che si resti al livello delle buone intenzioni servirà la priorità politica di investire le risorse necessarie allo scopo.

L’indagine mette in evidenza come l’aspetto più critico per chi presta assistenza sia la fatica fisica e lo stress che derivano dal far fronte ai tanti bisogni della persona assistita: un sentire comune che vale anche in presenza di una badante, dal momento che in almeno la metà dei casi esse non cancellano, ma affiancano, la figura di un familiare costantemente vicino al parente non autosufficiente. Queste famiglie invocano il potenziamento dei servizi domiciliari, un sostegno reale ai caregiver (spesso assorbiti in maniera quasi assoluta dalle cure all’assistito e costretti nei fatti a rinunciare a una vita relazionale e autonoma), un aiuto di tipo economico (ad esempio con la detraibilità del costo del lavoro domestico), e più in generale un supporto a tutto campo in una fase di estrema fragilità dell’esistenza.


Stefano Caredda
NP marzo 2024

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