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Chi insegna alle intelligenze artificiali?

Date 15-04-2024

por Sandro Calvani

L’esperienza dei paesi asiatici

Il dibattito recente sulle trasformazioni dirompenti che l’intelligenza artificiale (AI) potrebbe portare ai sistemi economici, sociali e politici in cui viviamo giudica spesso rischi e opportunità a partire da osservazioni superficiali. Per esempio, è certamente vero che le nuove AI come ChatGPT4 o Gemini hanno capacità di elaborazione migliaia di volte superiori all’intelligenza umana media, ma quei risultati sono dovuti esclusivamente a come le AI sono state addestrate.

Per esempio, gemini (la AI di google) ha letto e si ricorda a memoria 40 milioni di libri, tutti scritti da intelligenze umane, e conosce più di 200 lingue. L’educazione è dunque la chiave per capire meglio le questioni complesse. Infatti, anche per le intelligenze umane, qualità dell’istruzione e quozienti di intelligenza (QI) sono in pratica due facce della stessa medaglia. È questa una delle “scoperte” più illuminanti del rapporto mondiale sull’intelligenza umana, (The intelligence of Nations) realizzato dai ricercatori Richard Lynn e David Becker dell’Ulster Institute, che è il più citato dagli studiosi.

Il rapporto spiega alcune delle ragioni principali che hanno portato i popoli asiatici a occupare tutte le prime sei posizioni nella classifica mondiale dei quozienti nazionali di intelligenza. Qualche persona eccezionale con QI molto alto, verso o oltre il 140, può spuntare in qualunque Paese, ma è l’educazione a far crescere l’intelligenza media di tutti gli altri.

A causa della diversità dei fattori considerati nella misurazione del QI, la classifica mondiale dei QI non è un modello accettato da tutti i ricercatori, come lo sono invece altri indicatori di sviluppo sociale. Mentre il QI è una misura comune dell’intelligenza, altre metriche includono i punteggi dei test accademici, oppure l’Intelligence Capital Index e il numero di premi Nobel vinti in ogni paese. Solo Singapore e Finlandia compaiono in modo coerente in tutte e tre le classifiche di QI.

I test scolastici sono più “scientifici”, ma rappresentano solo l’intelligenza media della generazione più giovane, non quella della popolazione adulta. Secondo questi studi, circa il 68% delle persone in tutto il mondo ha un QI compreso tra 85 e 115. Dato che pochissime persone con basso QI diventano ricercatori e pubblicano ricerche scientifiche e libri, le intelligenze artificiali hanno il vantaggio di essere addestrate in base a conoscenze sviluppate esclusivamente da intelligenze umane con un QI alto. Inoltre, i pochi libri occidentali di opinioni estremiste basate su fake news, non vengono tradotti quasi mai in lingue asiatiche e dunque non hanno alcun effetto sulla formazione delle intelligenze artificiali.

Sandro Calvani

NP Marzo 2024

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