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Speranza oltre le sbarre

Date 14-04-2024

por Claudio Monge

L’ex copresidente del Partito Democratico dei Popoli (HDP), Selahattin Demirtaş, torna a far parlare di sé, quasi malgrado sé, dopo alcuni anni di sostanziale anonimato. Candidato dell’HDP alle elezioni presidenziali del 2014, si era classificato al terzo posto portando, in seguito, il suo partito filo-curdo a raccogliere il 13,1% alle elezioni parlamentari del giugno 2015 e il 10,7% alle elezioni lampo del novembre dello stesso anno. Demirtaş, in carcere dal 4 novembre 2016 è ancora stato il candidato HDP alle elezioni presidenziali del 2018, benché costretto da progioniero a gestire la sua campagna elettorale. Pur avendo ripetutamente dichiarato di opporsi alle violenze del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e pur chiedendo la cessazione delle ostilità tra esercito turco e indipendentisti, il leader kurdo rischia centinaia di anni di carcere proprio per delle contestate connivenze con PKK, da anni designato da Ankara come organizzazione terroristica. In questo senso, a nulla è servita una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha evidenziato le ragioni politiche del suo imprigionamento, chiedendo il suo rilascio immediato. Selahattin Demirtaş, intanto, fin dal 2020 ha intrapreso una nuova carriera di scrittore, annunciando, tra l’altro, il suo ritiro dalla vita politica nel giugno 2023.

Probabilmente, fin dalle sue prime due piccole raccolte di racconti, Seher (Crepuscolo) e Devran (nome dell’eroe del racconto) stampate in centinaia di migliaia di copie in pochi mesi, Demirtaş ha intuito che con la letteratura poteva più facilmente veicolare i sentimenti di un popolo che non con la retorica dei comizi politici. Ma più che un invito alla militanza politica, questi scritti sono un incessante incoraggiamento alla speranza. Devran è in realtà, una parola araba che significa “circolare”, ma anche “destino o fortuna”. C’è un detto turco gün olur devran döner che si può liberamente tradurre: “ogni nuvola ha un lato positivo”. In sostanza, si afferma che coloro che affrontano l’ingiustizia un giorno vedranno riconosciuti i loro diritti e le loro vite e il loro destino, oggi apparentemente senza speranza, saranno inaspettatamente risollevati.
Il lato sovversivo di questi scritti, come di quelli che sono seguiti, fino al recentissimo Efsun, è nella forza di una speranza lontana dalla superficialità di ogni resa dei conti, in un ottimismo non banale, radicato in una incrollabile fiducia nella possibilità di redenzione umana, come dinamica laica, prima ancora che, eventualmente, movimento alimentato da un afflato credente. Quest’ultimo porterebbe con sé una dimensione inevitabilmente escatologica e, quindi, con un minor impatto sul presente. Interrogato sulle sue matrici ispiratrici, Demirtaş ha più volte risposto di essere stato incoraggiato alla scrittura dalla disperazione e l’infelicità delle persone fuori dal carcere, così come dall’impressione che vengano gradualmente trascinate in una vita senza senso.

È notizia di questi giorni, che il romanzo Efsun, storia d’amore contemporanea da poco uscita nelle librerie, è stato censurato dalle autorità carcerarie del penitenziario di Bolu, nella provincia nord-occidentale turca. Alla richiesta di un detenuto la risposta, secondo la fonte dell’agenzia Mezopotamya, sarebbe stata: la pubblicazione non può essere consegnata al detenuto, in quanto potrebbe mettere in pericolo la sicurezza dell’istituto a causa del suo contenuto osceno. È davvero significativo, che un invito alla “speranza” possa essere considerato “osceno” nell’ambito di una pena detentiva che, evidentemente, non ha come scopo precipuo quello di proteggere la società contro la criminalità e di ridurre la recidività di un reato ma, piuttosto, di mettere a tacere voci di dissenso rispetto a un pensiero unico allineato sul passivo sostegno del potere dominante!


Claudio Monge
NP marzo 2024

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