Un prete scomodo
Date 04-01-2024
Il romagnolo don Giovanni Minzoni, di cui ricorre quest’anno il centenario della morte, seppe coniugare la scelta del sacerdozio con l’impegno nel sociale. Cappellano nella prima Guerra Mondiale con medaglia d’argento al valor militare guadagnata sul Piave, già negli anni precedenti il conflitto si interessò alla situazione dei lavoratori, braccianti e operai del Ferrarese, creando cooperative sociali, e dei giovani, aderendo al movimento scout.
Questo suo impegno si inserì nella tensione creata dal clima politico, con le divisioni create dal nascente partito fascista. Nel 1921 l’assassinio a opera degli squadristi del sindacalista socialista Natale Gaiba, consigliere comunale a Argenta e amico di Don Minzoni, e altri crimini analoghi confermarono il sacerdote nella lotta al regime. Questa opposizione gli costò la vita. La sera del 23 agosto mentre era in compagnia di un giovane parrocchiano venne aggredito alle spalle da due squadristi con sassi e bastoni. Trasportato in casa, morì poco dopo la mezzanotte. Le ricerche dei responsabili furono subito archiviate, ma l’anno dopo, a seguito del delitto Matteotti, i quotidiani italiani non allineati ricordarono l’assassinio e costrinsero alle dimissioni con una campagna mediatica il console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), Italo Balbo, indicandolo come mandante dell’aggressione.
I diretti responsabili furono assolti, e in seguito evitarono il carcere per la sopravvenuta amnistia. Giovanni Paolo II parlando di lui scrisse: «Don Minzoni morì “vittima scelta” di una violenza cieca e brutale, ma il senso radicale di quella immolazione supera di gran lunga la semplice volontà di opposizione a un regime oppressivo. Si volle stroncare soprattutto la sua azione educativa diretta a formare la gioventù».
Annamaria Gobbato
NP Novembre 2023